nei Territori Occupati, la crescente ondata di problemi di salute mentale, soprattutto tra le forze militari israeliane, è diventata una crisi profonda e continua. Dall'inizio della guerra di Gaza nell'ottobre 2023, il tasso di suicidi nelle Forze di Difesa Israeliane (IDF) è aumentato significativamente e ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 13 anni.
Secondo i rapporti ufficiali, dall'ottobre 2023, almeno 54 militari israeliani si sono suicidati, di cui 17 nel 2023, 21 nel 2024 e 16 nella prima metà del 2025.
Questa tendenza non riflette solo lo stress psicologico causato dal conflitto in corso, ma anche un campanello d'allarme per un sistema di salute mentale israeliano inefficiente e incapace di gestire l'enorme quantità di traumi. La crisi, che affonda le sue radici nelle politiche di occupazione e nelle guerre incessanti, ha trasceso i confini individuali, diventando una questione collettiva.
Gli esperti hanno collegato l'aumento dei suicidi in gran parte al trauma di guerra, dove i militari israeliani, in particolare i riservisti schierati in zone di guerra per oltre 700 giorni, si trovano ad affrontare scene orribili, la perdita di commilitoni e una pressione costante. Ricerche interne all'IDF suggeriscono che la maggior parte dei suicidi recenti sia legata al disturbo da stress post-traumatico (PTSD), all'esaurimento emotivo e a un senso di inutilità dopo il ritorno alla vita normale.
Rapporti del Ministero della Salute del regime sionista e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indicano che circa tre milioni di sionisti adulti che vivono nella Palestina occupata soffrono di ansia, depressione e sintomi di PTSD.
Il professor Hagai Hermes, psichiatra e fondatore dell'associazione «For Life», afferma a questo proposito che le statistiche fornite sui suicidi nell'esercito israeliano sono solo la punta dell'iceberg e che ogni anno si suicidano tra le 500 e le 700 persone, cifre che rimangono nascoste ai media.
Secondo quanto riportato dai media in lingua ebraica, la tendenza alle diserzioni e ai suicidi nell'esercito israeliano si è intensificata dall'inizio di quest'anno, soprattutto dopo l'inizio dell'operazione «Carri di Gedeone II», ma l'esercito israeliano si è rifiutato di rendere pubbliche le statistiche effettive.
Un rapporto del sito web in lingua ebraica Walla mostra che il dipartimento di riabilitazione dell'esercito israeliano sta attualmente seguendo 81.000 casi attivi, 31.000 dei quali sono legati a problemi di salute mentale. Solo durante l'attuale guerra di Gaza, sono stati registrati più di 20.000 nuovi militari sionisti colpiti, metà dei quali sta affrontando crisi psicologiche.
Questo dipartimento stima che entro il 2028 il numero di feriti fisici e psicologici israeliani in cura supererà le 100.000; una cifra che imporrà un pesante onere finanziario e umano all'esercito del regime sionista.
In un discorso su questo argomento, Gilad Kario, membro del parlamento israeliano (Knesset), ha sottolineato il fallimento del sistema sanitario di questo regime, affermando: Il problema è diventato così acuto che la Commissione Sanitaria della Knesset ha indagato sul crescente fenomeno del suicidio tra le persone colpite dagli attacchi del 7 ottobre o tra le loro famiglie.
Kario, un altro membro della Knesset israeliana e uno dei promotori di questo studio, ha anche affermato: "Siamo di fronte a un fenomeno molto preoccupante e allo stesso tempo in crescita, e dal 7 ottobre si è assistito a un'impennata dei suicidi tra gli israeliani".
Anche il Jerusalem Post ha scritto, in un articolo intitolato «Il sistema sanitario israeliano si sta preparando al più grande disturbo mentale della storia», che circa il 30% della popolazione israeliana soffrirà di disturbi mentali nei prossimi mesi.
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